Castello Normanno Svevo Aragonese Angioino
Il Castello di Bari, storicamente attribuito a Ruggero II il Normanno, sorge nel 1131 su preesistenti strutture abitative bizantine. Tra il 1233 e il 1240, Federico II di Svevia recupera all’uso l’impianto normanno danneggiato dal duro intervento di Guglielmo il Malo che, nel 1156, si era imposto con la forza alla popolazione barese, restia ad accogliere il nuovo dominatore.
Il nucleo normanno-svevo è a pianta trapezoidale, con una corte centrale e quattro alte torri angolari. Superando la torre S-O, si incontra l’ingresso originale, il portale federiciano. Con la sua doppia ghiera a sesto acuto, con conci popolati da personaggi della mitologia classica e nordica, il portale federiciano è il manifesto del potere imperiale: nel concio in chiave, un leoncino fra gli artigli di un’aquila, simbolo ricorrente nell’architettura federiciana.
Dal portale si accede al vestibolo, anch’esso di epoca federiciana, scandito in campate coperte da volte a crociera, impostate su colonne e paraste sormontate da capitelli con decorazioni molto varie: fra tutti, spicca il capitello di una lesena, con una serie di testine di guerrieri, monito per un eventuale invasore. L’androne federiciano si prolunga in una loggia che affaccia sul cortile centrale. I capitelli delle colonne che sostengono la loggia sono decorati con una serie di aquile e recano delle iscrizioni con la firma degli scultori.
Verso la fine del XIII secolo, Carlo d’Angiò attua un ampio programma di restauro che interessa l’ala nord del castello, sotto la guida dei protomagistri Pietro d’Angicourt e Giovanni di Toul. Le arcate ad ogiva del porticato che al tempo delimitava il cortile sul lato nord, sono ancora visibili nella cosiddetta Sala Sveva; al piano superiore viene realizzato uno splendido salone, la Sala Angioina, con tre bifore che affacciano sul mare, successivamente arricchito da affreschi, purtroppo oggi quasi completamente perduti.
Nel XVI secolo, sotto Isabella D’Aragona e sua figlia Bona Sforza, il castello subisce radicali trasformazioni per adeguarsi alle nuove esigenze dettate dallo sviluppo dell’artiglieria pesante e dal passaggio da un sistema difensivo di tipo cadente ad uno di tipo radente.
Viene realizzata quindi la cinta bastionata che circonda il nucleo normanno svevo, caratterizzata da una cornice a beccatelli su archetti pensili e un doppio ordine di cannoniere. Rispetto alla configurazione attuale, il lato nord era ancora lambito direttamente dal mare, ed il fossato acqueo si sviluppava per i restanti tre lati del castello, isolandolo dalla città.
Ma l’intervento promosso dalla duchessa Bona Sforza, testimoniato da una iscrizione che percorre in alto i lati nord ed est del cortile centrale, adegua il complesso anche alle esigenze di una dimora principesca. Nel cortile centrale, l’unica rampa medievale di collegamento col piano superiore viene sostituita da un’elegante e scenografica doppia rampa. Sul lato est Bona Sforza fa realizzare una cappella dalle linee classiche in memoria del marito Sigismondo I re di Polonia, morto nel 1548.
Nei secoli successivi, in particolare durante la dominazione borbonica, il castello subisce un sostanziale abbandono, divenendo prima carcere e poi caserma, perdendo quindi i connotati di fortezza e di dimora principesca, fino a che nel 1937 il castello diviene sede della Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie di Puglia e Basilicata.
Dagli anni ’40, iniziano le diverse fasi dei lavori di restauro che permettono al castello di ospitare gli uffici della Soprintendenza e di disporre di sale per l’allestimento di mostre.
Alcune sale al piano terra ospitano la Gipsoteca, museo permanente di riproduzioni in gesso degli apparati scultorei dei più famosi monumenti pugliesi, realizzati per l’Esposizione Regionale di Roma del 1911 in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia e riallestiti nel 2011 per celebrare il centocinquantesimo anniversario.
Nel 2016 gli uffici della Soprintendenza vengono trasferiti nel vicino complesso di Santa Chiara ed ha inizio una nuova fase di lavori che permette di restituire alla collettività l’intero primo piano del Castello.
Il nucleo normanno-svevo è a pianta trapezoidale, con una corte centrale e quattro alte torri angolari. Superando la torre S-O, si incontra l’ingresso originale, il portale federiciano. Con la sua doppia ghiera a sesto acuto, con conci popolati da personaggi della mitologia classica e nordica, il portale federiciano è il manifesto del potere imperiale: nel concio in chiave, un leoncino fra gli artigli di un’aquila, simbolo ricorrente nell’architettura federiciana.
Dal portale si accede al vestibolo, anch’esso di epoca federiciana, scandito in campate coperte da volte a crociera, impostate su colonne e paraste sormontate da capitelli con decorazioni molto varie: fra tutti, spicca il capitello di una lesena, con una serie di testine di guerrieri, monito per un eventuale invasore. L’androne federiciano si prolunga in una loggia che affaccia sul cortile centrale. I capitelli delle colonne che sostengono la loggia sono decorati con una serie di aquile e recano delle iscrizioni con la firma degli scultori.
Verso la fine del XIII secolo, Carlo d’Angiò attua un ampio programma di restauro che interessa l’ala nord del castello, sotto la guida dei protomagistri Pietro d’Angicourt e Giovanni di Toul. Le arcate ad ogiva del porticato che al tempo delimitava il cortile sul lato nord, sono ancora visibili nella cosiddetta Sala Sveva; al piano superiore viene realizzato uno splendido salone, la Sala Angioina, con tre bifore che affacciano sul mare, successivamente arricchito da affreschi, purtroppo oggi quasi completamente perduti.
Nel XVI secolo, sotto Isabella D’Aragona e sua figlia Bona Sforza, il castello subisce radicali trasformazioni per adeguarsi alle nuove esigenze dettate dallo sviluppo dell’artiglieria pesante e dal passaggio da un sistema difensivo di tipo cadente ad uno di tipo radente.
Viene realizzata quindi la cinta bastionata che circonda il nucleo normanno svevo, caratterizzata da una cornice a beccatelli su archetti pensili e un doppio ordine di cannoniere. Rispetto alla configurazione attuale, il lato nord era ancora lambito direttamente dal mare, ed il fossato acqueo si sviluppava per i restanti tre lati del castello, isolandolo dalla città.
Ma l’intervento promosso dalla duchessa Bona Sforza, testimoniato da una iscrizione che percorre in alto i lati nord ed est del cortile centrale, adegua il complesso anche alle esigenze di una dimora principesca. Nel cortile centrale, l’unica rampa medievale di collegamento col piano superiore viene sostituita da un’elegante e scenografica doppia rampa. Sul lato est Bona Sforza fa realizzare una cappella dalle linee classiche in memoria del marito Sigismondo I re di Polonia, morto nel 1548.
Nei secoli successivi, in particolare durante la dominazione borbonica, il castello subisce un sostanziale abbandono, divenendo prima carcere e poi caserma, perdendo quindi i connotati di fortezza e di dimora principesca, fino a che nel 1937 il castello diviene sede della Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie di Puglia e Basilicata.
Dagli anni ’40, iniziano le diverse fasi dei lavori di restauro che permettono al castello di ospitare gli uffici della Soprintendenza e di disporre di sale per l’allestimento di mostre.
Alcune sale al piano terra ospitano la Gipsoteca, museo permanente di riproduzioni in gesso degli apparati scultorei dei più famosi monumenti pugliesi, realizzati per l’Esposizione Regionale di Roma del 1911 in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia e riallestiti nel 2011 per celebrare il centocinquantesimo anniversario.
Nel 2016 gli uffici della Soprintendenza vengono trasferiti nel vicino complesso di Santa Chiara ed ha inizio una nuova fase di lavori che permette di restituire alla collettività l’intero primo piano del Castello.